Tra professione e professionalità

Quello che oggi stiamo facendo sempre più spesso
è semplicemente vendere e comprare conoscenza”.
(T. Stewart)

La velocità è il cuore del nostro tempo. Assistiamo a profonde trasformazioni in ogni ambito della vita quotidiana. Con un clik di mouse è possibile trasferire dati, documenti, immagini e filmati da Roma a New York, in pochissimi istanti. Con internet, è mutato il contesto. In poco tempo è cambiato il modo di lavorare, di trascorre il tempo libero, di stare in famiglia, di gestire e “sentire” la casa, di vivere i rapporti con gli amici.

L’ambiente ha subito una significativa accelerazione, stiamo vivendo il passaggio, per così dire, dalla “geografia” al “cyberspazio”, cioè dalla terra (il territorio e lo scambio delle merci) alla conoscenza, al sapere. Gli effetti, del cambiamento, sono evidenti soprattutto nel mondo del lavoro. Antichi mestieri sono scomparsi e accanto alle vecchie e tradizionali professioni se ne sono aggiunte nuove. Le competenze informatiche sono state apprese per piacere o per “dovere”, perché per poter continuare a lavorare è necessario saper utilizzare i pc, inoltre internet è uno strumento di lavoro quotidiano per milioni di persone.

Il “sapere” è importante

Se molte professioni sono sopravvissute alla rivoluzione digitale, altre hanno subito profondi e radicali mutamenti ed altre ancora sono scomparse; è anche vero che la rivoluzione informatica ha creato nuove professioni e nuovi mestieri. L’economia e il lavoro sono cambiate.

Il “valore” è sempre più individuato e legato alle conoscenze che sono possedute dall’individuo e dalle organizzazioni. Nel telefonino vale più il “software” (il porgramma) che permette di comunicare che l’ “hardware”, l’oggetto vero e proprio che viene acquistato. C’è da aggiungere che lo “spazio del sapere” si caratterizza soprattutto come “l’accesso” – dell’utente – ai beni e alle informazioni. Persone e aziende, per il lavoro che svolgono, sono disposte anche a pagare per poter “accedere” a servizi e banche dati. La conoscenza è importante, per questa ragione, le informazioni stanno acquisendo sempre più un’importanza strategica in ogni ambiente di vita.

A guardar bene non è neanche qui la vera novità vera. La rete ha creato e modellato nuove strutture organizzative, più partecipative e meno gerarchiche. Il flusso d’informazioni e le combinazioni di conoscenze, all’interno delle aziende, oggi “sono” la vera materia prima. Il lavoro, oggi, spesso consiste nel far aumentare il “sapere” all’interno delle organizzazioni, ricercando ed elaborando i dati che si possiedono (capitale intellettuale). Coloro che gestiscono le conoscenze, progettano aziende nuove, più comunitarie e rispettose della persona.

Il possesso e l’elaborazione creativa dei dati fa la differenza. Sono loro quel “valore aggiunto”, così importante nell’attuale economia di mercato. Se nello spazio delle merci era importante competere e vincere da soli, nello spazio del sapere, è importante creare reti e collaborare avendo una visione, un compito e una missione comune, veramente condivisa.

“Già oggi, si è pagati per pensare”

Oggi, il sapere, è il principale bene economico. Con la “nuova economia” – che nasce con lo sviluppo delle reti e con internet – l’apprendimento, l’acquisizione e l’elaborazione creativa delle conoscenze sono gli strumenti base dello sviluppo e la conoscenza è il “principio guida” che fa da riferimento e che precede ogni altro ragionamento sull’economia. È la cultura che viene prima, è l’istituzione principale. È solo quando abbiamo creato la lingua, valori condivisi, intimità ed empatia, e quando e quando è maturo questo “capitale sociale”, che possiamo creare il commercio, stabilire nuovi mercati e costituire un governo delle cose”.

Chi lavora è pagato per pensare e collaborare. Coloro che lavorano nello spazio del sapere sono i “Knowledge Work”, cioè i lavoratori della conoscenza. Sono i dipendenti o i professionisti che “gestiscono” i dati ed elaborano “knowledge”, conoscenza. Sono uomini e donne che sono pagati per integrare e combinare fra loro le informazioni e le conoscenze, generando così innovazione e valore aggiunto. È il sapere che crea valore aggiunto e che genera sviluppo.

Il segreto? È nel saper “mettere insieme” in modo creativo i dati attraverso l’esperienza. Per far ciò è importante: tener conto del “punto di vista” dell’altro, saper gestire i conflitti, saper risolvere in modo creativo i problemi, saper trovare soluzioni efficaci ed efficienti ai bisogni.

Professione o/o professionalità?

Le esigenza della collettività creano nuove opportunità di lavoro, nuovi mestieri e professioni. Una professione nasce, si sviluppa e matura come risposta ad una necessità o ad un bisogno sociale. È legata al tempo, al diritto e alla retribuzione. Una persona viene retribuita per il lavoro che ha svolto, dal datore di lavoro o dal committente, dopo aver eseguito i compiti assegnati o aver realizzato un prodotto o un servizio. Il contratto stabilisce il compenso, il tempo, l’impegno, la funzione svolta, l’abilità richiesta e descrive “diritti” e “doveri”. La professionalità, invece, è il modo personale d’interpretare, di vivere, sentire la professione.

La professionalità è l’interpretazione del ruolo, l’esercizio del compito, la realizzazione piena e attenta del lavoro. Attraverso l’esperienza del lavoro, l’uomo e la donna, hanno la possibilità di crescere come persona, di sviluppare la loro personalità, di relazionarsi con gli altri. Il lavoro aiuta a crescere e a migliorarsi.

La professione

Cos’hanno in comune le vecchie e le nuove professioni? Abbiamo già detto che tutte le professioni nascono e si sviluppano per produrre un “bene” o un “servizio” richiesto dalla collettività. Molte sono le variabili che influenzano un “mestiere” – “professione”: c’è il contesto giuridico (diritto del lavoro, contratti: diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro…), l’innovazione scientifica e tecnologica ed anche l’ambiente “economico – produttivo” di un territorio o una nazione.

Inoltre non ci sono professioni “astratte” perché tutte hanno sviluppato un patrimonio di abilità, di valori ed d’autonomia particolari.

Tutte le professioni:

Una professione è tutto questo, ma non solo, c’è dell’altro. Qualunque lavoro oggi esige il saper comunicare e relazionarsi, saper mediare tra situazioni diverse o tra punti di vista conflittuali. Lo sviluppo dell’innovazione chiede al professionista di lavorare in gruppo e di saper risolvere i problemi.

La professionalità è “come” vivo la professione

Nella vita di tutti i giorni la professione vissuta con il cuore, nelle mani, nella testa degli uomini e delle donne si trasforma in professionalità. È l’esercizio della “professionalità” che fa crescere la persona. Per crescere c’è bisogno d’avere una buona “visione” di Sé e di scoprire propria “missione” o meglio il compito da assolvere, c’è bisogno di rispondere ad una vocazione.

Un professionista quando interpreta bene la propria professione impara a conoscersi, sa bene quali sono i diversi aspetti e problematiche del proprio lavoro, ha facilità nell’entrare in empatia con gli altri colleghi e con i collaboratori. La professionalità appartiene al cuore, per questo, inizia a crescere quando si è proiettai nel tempo. È la vita di tutti i giorni il banco di prova che chiede di risolvere i problemi e di prendere decisioni.