Tra professione e professionalità
- Pubblicato: Sabato, 28 Novembre 2015 09:23
“Quello che oggi stiamo facendo sempre più spesso
è semplicemente vendere e comprare conoscenza”.
(T. Stewart)
La velocità è il cuore del nostro tempo. Assistiamo a profonde trasformazioni in ogni ambito della vita quotidiana. Con un clik di mouse è possibile trasferire dati, documenti, immagini e filmati da Roma a New York, in pochissimi istanti. Con internet, è mutato il contesto. In poco tempo è cambiato il modo di lavorare, di trascorre il tempo libero, di stare in famiglia, di gestire e “sentire” la casa, di vivere i rapporti con gli amici.
L’ambiente ha subito una significativa accelerazione, stiamo vivendo il passaggio, per così dire, dalla “geografia” al “cyberspazio”, cioè dalla terra (il territorio e lo scambio delle merci) alla conoscenza, al sapere. Gli effetti, del cambiamento, sono evidenti soprattutto nel mondo del lavoro. Antichi mestieri sono scomparsi e accanto alle vecchie e tradizionali professioni se ne sono aggiunte nuove. Le competenze informatiche sono state apprese per piacere o per “dovere”, perché per poter continuare a lavorare è necessario saper utilizzare i pc, inoltre internet è uno strumento di lavoro quotidiano per milioni di persone.
Il “sapere” è importante
Se molte professioni sono sopravvissute alla rivoluzione digitale, altre hanno subito profondi e radicali mutamenti ed altre ancora sono scomparse; è anche vero che la rivoluzione informatica ha creato nuove professioni e nuovi mestieri. L’economia e il lavoro sono cambiate.
Il “valore” è sempre più individuato e legato alle conoscenze che sono possedute dall’individuo e dalle organizzazioni. Nel telefonino vale più il “software” (il porgramma) che permette di comunicare che l’ “hardware”, l’oggetto vero e proprio che viene acquistato. C’è da aggiungere che lo “spazio del sapere” si caratterizza soprattutto come “l’accesso” – dell’utente – ai beni e alle informazioni. Persone e aziende, per il lavoro che svolgono, sono disposte anche a pagare per poter “accedere” a servizi e banche dati. La conoscenza è importante, per questa ragione, le informazioni stanno acquisendo sempre più un’importanza strategica in ogni ambiente di vita.
A guardar bene non è neanche qui la vera novità vera. La rete ha creato e modellato nuove strutture organizzative, più partecipative e meno gerarchiche. Il flusso d’informazioni e le combinazioni di conoscenze, all’interno delle aziende, oggi “sono” la vera materia prima. Il lavoro, oggi, spesso consiste nel far aumentare il “sapere” all’interno delle organizzazioni, ricercando ed elaborando i dati che si possiedono (capitale intellettuale). Coloro che gestiscono le conoscenze, progettano aziende nuove, più comunitarie e rispettose della persona.
Il possesso e l’elaborazione creativa dei dati fa la differenza. Sono loro quel “valore aggiunto”, così importante nell’attuale economia di mercato. Se nello spazio delle merci era importante competere e vincere da soli, nello spazio del sapere, è importante creare reti e collaborare avendo una visione, un compito e una missione comune, veramente condivisa.
“Già oggi, si è pagati per pensare”
Oggi, il sapere, è il principale bene economico. Con la “nuova economia” – che nasce con lo sviluppo delle reti e con internet – l’apprendimento, l’acquisizione e l’elaborazione creativa delle conoscenze sono gli strumenti base dello sviluppo e la conoscenza è il “principio guida” che fa da riferimento e che precede ogni altro ragionamento sull’economia. È la cultura che viene prima, è l’istituzione principale. È solo quando abbiamo creato la lingua, valori condivisi, intimità ed empatia, e quando e quando è maturo questo “capitale sociale”, che possiamo creare il commercio, stabilire nuovi mercati e costituire un governo delle cose”.
Chi lavora è pagato per pensare e collaborare. Coloro che lavorano nello spazio del sapere sono i “Knowledge Work”, cioè i lavoratori della conoscenza. Sono i dipendenti o i professionisti che “gestiscono” i dati ed elaborano “knowledge”, conoscenza. Sono uomini e donne che sono pagati per integrare e combinare fra loro le informazioni e le conoscenze, generando così innovazione e valore aggiunto. È il sapere che crea valore aggiunto e che genera sviluppo.
Il segreto? È nel saper “mettere insieme” in modo creativo i dati attraverso l’esperienza. Per far ciò è importante: tener conto del “punto di vista” dell’altro, saper gestire i conflitti, saper risolvere in modo creativo i problemi, saper trovare soluzioni efficaci ed efficienti ai bisogni.
Professione o/o professionalità?
Le esigenza della collettività creano nuove opportunità di lavoro, nuovi mestieri e professioni. Una professione nasce, si sviluppa e matura come risposta ad una necessità o ad un bisogno sociale. È legata al tempo, al diritto e alla retribuzione. Una persona viene retribuita per il lavoro che ha svolto, dal datore di lavoro o dal committente, dopo aver eseguito i compiti assegnati o aver realizzato un prodotto o un servizio. Il contratto stabilisce il compenso, il tempo, l’impegno, la funzione svolta, l’abilità richiesta e descrive “diritti” e “doveri”. La professionalità, invece, è il modo personale d’interpretare, di vivere, sentire la professione.
La professionalità è l’interpretazione del ruolo, l’esercizio del compito, la realizzazione piena e attenta del lavoro. Attraverso l’esperienza del lavoro, l’uomo e la donna, hanno la possibilità di crescere come persona, di sviluppare la loro personalità, di relazionarsi con gli altri. Il lavoro aiuta a crescere e a migliorarsi.
La professione
Cos’hanno in comune le vecchie e le nuove professioni? Abbiamo già detto che tutte le professioni nascono e si sviluppano per produrre un “bene” o un “servizio” richiesto dalla collettività. Molte sono le variabili che influenzano un “mestiere” – “professione”: c’è il contesto giuridico (diritto del lavoro, contratti: diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro…), l’innovazione scientifica e tecnologica ed anche l’ambiente “economico – produttivo” di un territorio o una nazione.
Inoltre non ci sono professioni “astratte” perché tutte hanno sviluppato un patrimonio di abilità, di valori ed d’autonomia particolari.
Tutte le professioni:
- hanno una storia, un’identità che muta con il trascorrere del tempo e con lo sviluppo degli “strumenti” di lavoro;
- rispondono ad una esigenza e garantiscono un servizio il più possibile efficace ed efficiente, alla collettività. C’è una vera interdipendenza, una relazione profonda tra le “diverse” professioni, anche se non tutte hanno lo stesso grado di responsabilità sociale;
- tengono conto del modo di pensare dei collaboratori e della cultura della gente (clienti o utenti). C’è da aggiungere un aspetto non secondario: l’interculturalità. Non solo l’ambiente lavorativo diviene sempre più complesso ma anche più ricco culturalmente perché multietnico e multiculturale. Un esempio? Andate a vedere chi lavora in un cantiere edile. Guardate con attenzione quante etnie convivono insieme, e non facciamo l’esempio delle multinazionali;
- sono inserite all’interno di un contesto giuridico, economico e finanziario. La “grande” e la “piccola” economia accompagnano l’offerta di lavoro. La creazione dei posti di lavoro nasce dagli investimenti. Concretamente, c’è qualcuno che investe tirando fuori i soldi per realizzare dei prodotti o dei servizi. Ma anche le leggi e le politiche economiche di un Paese, influenzano la “qualità” e la “quantità” del lavoro;
- maturano un patrimonio di conoscenze e di abilità che la distinguono dalle altre. Un medico si distingue dall’avvocato e il muratore dal ciabattino, non solo per via del percorso formativo, ma soprattutto per le esperienze, le capacità acquisite nel corso del tempo e nell’esercizio del lavoro. Le conoscenze e le competenze costituiscono il vero patrimonio per la persona. I talenti arricchiscono chi li possiede. Ciascuna professione tende a distinguersi e a caratterizzarsi a partire dalle competenze esercitate nella società;
- possiedono valori e principi di riferimento, un codice etico – deontologico o delle regole “non dette” di comportamento.
Una professione è tutto questo, ma non solo, c’è dell’altro. Qualunque lavoro oggi esige il saper comunicare e relazionarsi, saper mediare tra situazioni diverse o tra punti di vista conflittuali. Lo sviluppo dell’innovazione chiede al professionista di lavorare in gruppo e di saper risolvere i problemi.
La professionalità è “come” vivo la professione
Nella vita di tutti i giorni la professione vissuta con il cuore, nelle mani, nella testa degli uomini e delle donne si trasforma in professionalità. È l’esercizio della “professionalità” che fa crescere la persona. Per crescere c’è bisogno d’avere una buona “visione” di Sé e di scoprire propria “missione” o meglio il compito da assolvere, c’è bisogno di rispondere ad una vocazione.
Un professionista quando interpreta bene la propria professione impara a conoscersi, sa bene quali sono i diversi aspetti e problematiche del proprio lavoro, ha facilità nell’entrare in empatia con gli altri colleghi e con i collaboratori. La professionalità appartiene al cuore, per questo, inizia a crescere quando si è proiettai nel tempo. È la vita di tutti i giorni il banco di prova che chiede di risolvere i problemi e di prendere decisioni.